Memoria dell’acqua: cos’è, studi e teorie da Luc Montagnier a Masaru Emoto
Verso la fine degli anni 80′ l’immunologo francese Jacques Benveniste pubblicò uno studio sulla memoria dell’acqua che suscitò un acceso dibattito. I risultati infatti sembravano dimostrare che una sostanza in diluizione omeopatica è in grado di esercitare un effetto scientificamente misurabile.
Successivamente furono numerosi gli studiosi che si interessarono all’argomento, da Emilio Del Giudice, fisico italiano, a Luc Montagnier, medico e virologo francese. Nonché il famoso ricercatore giapponese Masaru Emoto. Ad accomunarli era l’idea che l’acqua potesse ricevere e memorizzare informazioni provenienti dall’esterno, a loro volta in grado di modificarne la struttura. Una scoperta potenzialmente rivoluzionaria, scopriamo perché.
Memoria dell’acqua
Fu Jacques Benveniste a parlare per primo di memoria dell’acqua: il medico francese cercò di dimostrare che diluizioni omeopatiche di un antisiero in acqua avevano lo stesso effetto dell’antisiero in condizioni normali. E questo perché l’acqua sarebbe in grado di memorizzare tracce delle sostanze con cui viene in contatto.
Successivamente il medico e virologo francese Luc Montagnier, che pubblicò un importante studio in materia, mise due provette all’interno di una bobina di rame, la prima contenente alcuni frammenti di Dna in soluzione acquosa, la seconda acqua pura. L’apparato, isolato da una lega metallica, venne sottoposto a un debole campo elettromagnetico.
Emilio Del Giudice, altro convinto sostenitore della memoria dell’acqua, spiegò l’esperimento affermando che “quando la quantità d’acqua nella provetta eccede una certa soglia, nella bobina vengono registrati dei segnali elettromagnetici. Se questi segnali vengono inviati a un’altra provetta di acqua pura, e dentro la provetta si fanno cadere le molecole che sono le materie prime di cui è fatto il Dna, nel giro di 16-18 ore appare il Dna primitivo, esattamente lo stesso.” Cosa possibile solo in presenza di “rumore” elettromagnetico.
Che significa? Che il Dna sarebbe in grado di lasciare la sua impronta elettromagnetica nell’acqua, impronta che viene conservata e trasmessa. Il segnale emesso dal Dna può essere infatti registrato e inviato a centinaia di km di distanza. E il segnale stesso sarebbe in grado di creare nuovo Dna. A dimostrazione che le onde elettromagnetiche potrebbero avere un ruolo molto importante nella trasmissione dell’informazione genetica. Una scoperta potenzialmente rivoluzionaria da molteplici punti di vista.
Masaru Emoto: l’esperimento dei cristalli
Il ricercatore giapponese Masaru Emoto dedicò gran parte della sua vita allo studio dell’acqua e della sua capacità di registrare segnali dall’ambiente circostante, segnali in grado di modificarne la struttura. Uno dei suoi esperimenti più famosi fu quello dei cristalli. Emoto decise di fotografare quelli prodotti dal congelamento di acqua sottoposta a diversi tipi di vibrazioni.
Scoprì così che i cristalli informati con energie positive avevano forme armoniose ed equilibrate, mentre quelli informati con energie negative risultavano del tutto disarmonici. La vibrazione energetica, sotto forma di suoni o di parole, sarebbe quindi in grado di informare l’acqua, modificandone la struttura. Da qui la sua teoria della memoria dell’acqua.
Se la struttura dell’acqua si modifica a seconda delle informazioni acquisite dall’esterno, va da sé che donandole le giuste informazioni, possiamo armonizzarla riportandola alla sua struttura originale. Che è esattamente quello che fa il sistema bioacqualive®, frutto di anni di studi ed esperimenti nel mondo della fisica quantistica.
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Senza esitare rispondo: Amore e Gratitudine
Masaru Emoto
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